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Sergio Traquandi ama le scienze matematiche, il rigore elegante della geometria, ma ama anche il calore delle 'cose'. All'interno di questo ossimoro l'artista si muove con disinvolta nonchalance, lasciandosi prendere ora dalla costruzione esatta di un modello matematico, ora dalla fascinazione del recupero funzionale di un oggetto abbandonato. Un contrasto solo apparentemente insanabile, però, perché in realtà l'opera di Traquandi, proprio in questo contrasto, trova la sua ragion d'essere. L'incessante aggirarsi dell'artista intorno ai materiali di recupero dà forma e sostanza a un intervento che non esitiamo a definire 'politico', proprio perché la trasformazione degli oggetti assume piena consapevolezza nel tentativo di creare ipotesi di esistenza nuova. D'altra parte la geometria, come estremo tentativo di razionalizzazione, ci appare come l'altro piatto della bilancia, diverso ma complementare, teso a ricercare l'utopia progettuale, assoluta, dell'esistente. Due aspetti quindi, il recupero degli oggetti smessi e la costruzione geometrica, che si fondono in un 'unicum' che dà vita e senso all'arte di Sergio Traquandi. Un 'unicum' ideale. La geometria delle cose.